Uno dei temi presenti all’ordine del giorno dell’assemblea condominiale riguarda il parcheggio. Capita a volte che i viali condominiali vengano usati per far sostare motociclette ed autovetture impedendo così il passaggio a chi possiede un garage. Spesso per mancanza di spazio o per comodità tali aree, che dovrebbero essere libere, vengono usate in modo improprio. Come comportarsi in queste situazioni?
E’ possibile vietare un comportamento scorretto che può causare disagio? Prima di approfondire la questione è necessario soffermarsi sull’ articolo 1102 del Codice Civile in cui si ricorda che “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa”.
L’uso della “cosa comune” però non comporta un abuso della stessa area per cui “il pari uso della cosa comune non postula necessariamente il contemporaneo uso della cosa da parte di tutti i partecipanti alla comunione, che resta affidata alla concreta regolamentazione per ragioni di coesistenza; che la nozione di pari uso del bene comune non è da intendersi nel senso di uso necessariamente identico e contemporaneo, fruito cioè da tutti i condomini nell’unità di tempo e di spazio, perché se si richiedesse il concorso simultaneo di tali circostanze si avrebbe la conseguenza della impossibilità per ogni condomino di usare la cosa comune tutte le volte che questa fosse insufficiente a tal fine”.
Per quanto riguarda i viali interni hanno tutti diritto ad usarli senza che ciò intralci il passaggio per accedere ad altre aree. Quindi impedire o rendere difficoltoso l’accesso ai garage risulta essere una condizione sufficiente per vietare l’uso del viale stesso Ciò può essere fatto tanto dall’amministratore (che per legge deve disciplinare l’uso delle cose comuni in modo che ne sia garantito il miglior godimento a tutti i condomini), quanto dall’assemblea, che, in ragione dei suoi generali poteri di gestione delle cose comuni, può andare più in fondo specificando le modalità d’uso da considerarsi lecite.