Dal primo settembre entreranno in vigore le nuove normative che disciplinano il settore delle visite fiscali per controllare lo stato di salute dei dipendenti in malattia. Sarà l’INPS ad occuparsi delle visite anche per i dipendenti pubblici al posto delle Asl, che finora si erano occupate della pubblica amministrazione. La prima fase punterà ad una migliore copertura territoriale per sopperire alla carenza di medici disponibili. In secondo luogo verranno modificati gli orari di reperibilità. Attualmente, ricordiamo, per la pubblica amministrazione sono dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18 mentre per i privati dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19.
Dal primo settembre però le fasce di reperibilità saranno le stesse sia per i dipendenti privati che per quelli pubblici. Cosa succede se, arriva un controllo e non siete a casa? Nei casi di assenza alla visita fiscale all’indirizzo stabilito nel certificato medico e negli orari di reperibilità sono previste sanzioni pari al 100% dell’indennità di malattia percepibile per i primi dieci giorni di malattia in caso di prima assenza; 50% del restante periodo per la seconda assenza; 100% dell’intera indennità per irreperibilità alla terza visita. In caso di assenza alla vista fiscale INPS all’indirizzo indicato nel certificato medico, se non si tratta di una patologia esonerata, il lavoratore può comunque presentare, entro 15 giorni dalla sanzione, una giustificazione.
Sia per i lavoratori dipendenti pubblici che privati le assenze possono essere giustificate in caso di: forza maggiore, situazioni che hanno reso necessaria la presenza del lavoratore altrove, accertamenti specialistici contemporanei alla visita fiscale. In questi casi comunque il dipendente, se deve allontanarsi dall’indirizzo indicato durante le fasce di reperibilità per effettuare una visita specialistica o per altri motivi, sempre documentati, è tenuto a comunicare l’assenza all’amministrazione pubblica presso la quale è impiegato che, a sua volta, riferirà all’INPS.
Vacanze rovinate? Ecco quando il tour operator si fa carico dei danni.
Siete andati in vacanza ma si è trattato di tutt’altro? Il tour operator in alcuni casi è responsabile se viene dimostrata la gravità dei danni subiti da un punto di vista oggettivo, che escluda cioè il pregiudizio del turista. Quanto appena detto è stato stabilito nell’ordinanza n. 6830, del 16 marzo 2017, emessa dalla Corte di Cassazione in merito alla vicenda di un turista, derubato ed aggredito in maniera violenta all’interno di un villaggio, durante un periodo di vacanza organizzato da un’agenzia di viaggi. Il Tribunale accolse in parte le richieste del turista in merito al danno non patrimoniale da vacanza rovinata e al danno da lesioni subite aggiungendo inoltre l’inadempimento contrattuale per il costo della vacanza non goduta.
A questa condanna Il tour operator ricorreva in Cassazione che, rifacendosi ad una precedente sentenza, dichiarò: “l’organizzatore di un pacchetto turistico è tenuto a risarcire qualsiasi danno subito dal consumatore anche quando la responsabilità sia ascrivibile esclusivamente ad altri prestatori di servizi, salvo il diritto della stessa a rivalersi nei confronti di questi ultimi”. In sostanza viene sancita la responsabilità dell’organizzatore per l’inadempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto, affermando, di conseguenza, il diritto del consumatore, in tale ipotesi, al risarcimento del danno morale. Inoltre si continua a leggere nella sentenza che “nel caso in cui l’ inesatta esecuzione delle prestazioni offerte nel pacchetto turistico non sia di scarsa importanza ai sensi dell’art. 1455 c.c., il turista può chiedere, oltre e indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all’irripetibilità dell’occasione perduta”.
Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile