Dopo la pasta, il riso ed il latte è arrivato il momento di etichettare anche i prodotti a base di pomodoro. Mentre l’UE ancora deve pronunciarsi sull’argomento in Italia qualcosa già si è mosso con un decreto che mira a sperimentare l’etichettatura di tale alimento fino a dicembre 2020. Secondo le vecchie normative era obbligatorio solo per la passata di pomodoro indicare l’origine dei prodotti utilizzati: il decreto italiano ha ampliato il range inserendo anche i pelati, le polpe, i concentrati le salse ed i sughi con un contenuto di pomodoro pari o superiore al 50%. Scopo del decreto è garantire la trasparenza al consumatore finale che, all’inizio vedeva indicato in etichetta solo lo stabilimento di produzione ignorando quindi la provenienza della materia prima utilizzata. Senza questo dettaglio infatti non si riusciva a capire se l’origine del pomodoro impiegato nel processo industriale di lavorazione provenisse da Spagna, USA o addirittura dalla Cina.
Anche in caso di provenienza da tali paesi l’etichetta recava comunque il marchio “Made in Italy”, sinonimo di una filiera parzialmente incorretta. Ricordiamo che i prodotti presenti ad oggi sugli scaffali con la vecchia etichetta continueranno ad essere commercializzati fino ad esaurimento scorte mentre, le nuove diciture sui prodotti circolanti in Italia saranno più chiare. Ad esempio troveremo “Paese di coltivazione del pomodoro” e “Paese di trasformazione del pomodoro” per i prodotti confezionati in Italia con indicazione “Origine Italia”. Se invece i processi industriali accadono in diversi paesi, con l’uso di prodotti non coltivati in Italia, si indicherà in etichetta la dicitura “Paesi UE” oppure “Paesi non UE”. In entrambi i casi la scelta del consumatore potrà basarsi su criteri di trasparenza in merito alle maggiori informazioni contenute in etichetta relative all’origine del prodotto ed alla catena di produzione/trasformazione dello stesso.
Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile