Addio alle Oliere. Da oggi entra in vigore la Legge Europea 2013 bis

di Umberto Buzzoni

Da oggi sarà obbligatorio il tappo anti-rabbocco per i contenitori di olio extra-vergine di oliva che vengono serviti in ristoranti, pizzerie e tutti i pubblici esercizi. La Coldiretti ricorda agli esercenti e clienti che in attuazione della Legge Europea 2013 bis scatta da oggi il divieto delle oliere con multe che possono arrivare fino a 8.000 euro.

L’obiettivo è di impedire sia che i contenitori di olio vengano riempiti o allungati con prodotti diversi da quelli indicati e che non si incorra in problemi di igiene dovuti a continui rabbocchi dello stesso recipiente senza che questo venga pulito con la conseguenza di un olio stantio sul fondo.

L’olio deve essere servito in contenitori con etichetta secondo quanto definito dalla normativa vigente e con l’apposito dispositivo di chiusura che impedisce che il contenuto possa essere modificato senza alterare o aprire la confezione. Inoltre questi contenitori, una volta esaurito il prodotto, non possono essere riutilizzati grazie ad un sistema di protezione.

Nell’etichetta viene messo in risalto con una rilevanza cromatica differente per evidenziare gli oli che sono prodotti con miscele che provengono da Paesi stranieri allo scopo di valorizzare la qualità e la composizione merceologica.

UNIVERSITA’ E RICERCA: LA TUTELA DELL’OLIO DI OLIVA

olio-di-oliva

Protagonista della dieta mediterranea e patrimonio della tradizione nutrizionale italiana, l’olio di oliva è sempre più esposto agli attacchi mediati dalla globalizzazione alimentare, dagli adeguamenti alle normative comunitarie in materia e dalle sofisticazioni finalizzate a spregiudicati profitti, in danno del marchio di qualità e della salute del consumatore.

A tutela del prodotto, ha già registrato ottima accoglienza l’innovativo metodo messo a punto dal Dipartimento di Chimica dell’Università di Pisa, in grado di svelare le più comuni frodi sull’olio extravergine di oliva.

Il sistema si avvale di uno spettrometro, – un misuratore di raggi luminosi in lunghezze d’onda – , abbinato ad un contenitore in quarzo, destinato ad accogliere un quantitativo per l’esame: l’analisi spettroscopica dei componenti, – luteina, feofitina-a, feofitina-b e β-carotene – , e la rispettiva concentrazione di ciascuno riveleranno la natura del prodotto e la sua idoneità all’attribuzione della denominazione tipica.

Il metodo, seguito ad uno studio di quattro anni presso l’Ateneo toscano, ambisce a sostituire, per vantaggio di costi e celerità d’esito, la attuale modalità di verifica riconosciuta dall’UE ed a contrastare la contraffazione internazionale, che ha danneggiato  e danneggia il mercato italiano, tradizionalmente ricco nell’ambito della produzione mediterranea e proiettato verso le esportazioni oltreoceano.

Proprio dagli Stati Uniti è partita, ad inizio del 2014, una campagna denigratoria contro le filiere dell’olivicoltura e l’autenticità del Made in Italy, scaturita da un’inchiesta del New York Times e dalle truffe diffuse.

Per questo, il controllo preventivo interno permane uno strumento di salvaguardia alla vendita del miglior prodotto.

Dai dati della Coldiretti, infatti, sappiamo che l’Italia è il secondo produttore mondiale di olio di oliva, dopo la Spagna, con circa 250 milioni di piante su 1,2 milioni di ettari di terreno; con fatturato stimato in 2 miliardi di euro; e con esportazioni oltre 1,2 miliardi di euro, per l’anno 2013, in UE e soprattutto negli USA.

Fonte: Focus

30 ottobre 2014

Petula Brafa

Sentenza storica, Abbanoa non può staccare l’acqua ai morosi

acqua 2da Cagliaripad

Abbanoa non può staccare l’acqua per obbligare gli utenti morosi a pagare quanto richiesto. Lo ha stabilito – secondo quanto riporta oggi il quotidiano L’Unione Sarda – il Tribunale di Cagliari, che ha dato ragione ad una donna di Maracalagonis che si era vista sigillare i rubinetti di casa per un presunto debito di quasi 7000 euro.

   Se ciò fosse consentito ad Abbanoa – scrive il quotidiano sardo – il fatto che operi in regime di monopolio costringerebbe i clienti a piegarsi alle sue richieste anche qualora fossero palesemente infondate. Dunque si toglierebbe loro la possibilità di vedere riconosciute le proprie ragioni in un’aula di giustizia.

   E’ il principio affermato dal Tribunale civile di Cagliari nel decreto con cui, lo scorso 31 marzo, ha accolto il ricorso dell’utente di Maracalagonis, ordinando ad Abbanoa l’immediato ripristino della fornitura idrica. In attesa di pronunciarsi sul merito – riporta L’Unione Sarda – cioè di chiarire se l’utente debba davvero tutti quei soldi richiesti, il giudice Mario Farina ha accolto in via cautelare la richiesta di sospensiva presentata dai legali dell’associazione Casa dei diritti. La causa è fissata per martedì 15 aprile.

Nel pomeriggio la replica. Nessun blocco agli slacci delle utenze che non pagano l’acqua da anni. Lo precisa, in una nota, Abbanoa, spiegando che l’ordinanza del Tribunale di Cagliari è unicamente relativa ad un ricorso d’urgenza di una cliente di Maracalagonis e non ha alcun ricaduta su altri procedimenti.

   “Prima ancora di entrare nel merito della vicenda (l’udienza è fissata per martedì 15) – precisa Abbanoa – il giudice ha disposto il temporaneo riallaccio: sottolinea come gli slacci debbano essere eseguiti soltanto dopo aver rispettato determinate procedure a tutela del cliente stesso. Questione che Abbanoa dimostrerà abbondantemente di aver eseguito (il provvedimento d’urgenza è stato adottato “inaudita altera parte” quindi prima del confronto con la controparte e cioè Abbanoa).

Dal 2008 a oggi l’utente in questione ha avuto ben sette procedure di messa in mora regolarmente concluse. Il debito è andato aumentando a causa del mancato pagamento delle fatture dal 2007 in poi che complessivamente sono state 16. Alla cliente sono stati concessi piani di rientro che però non ha mai rispettato. Nel rispetto della stragrande maggioranza dei clienti che regolarmente pagano il servizio erogato, lo slaccio è un atto dovuto di fronte a utenze gravemente morose da diversi anni. Siamo certi che quando il Tribunale entrerà nel merito della vicenda saranno riconosciute le nostre ragioni”.

   “Come tutti i gestori di servizi e di reti, non solo idriche – conclude la nota di Abbanoa – tutta la giurisprudenza nazionale dà legittimità agli slacci quando esistono alcuni presupposti: una morosità conclamata, procedure rispettate (in questo caso numerosi solleciti, raccomandate con ricevute di ritorno firmate dalla cliente e persino un telegramma), assenza di contestazioni che non siano pretestuose”.

Frosinone, il giudice: «Acea non può staccare l’acqua ai morosi. Regolamento mai approvato»

acqua

Di Umberto Buzzoni – direttore IL CONSUMATORE

A Marino, in provincia di Roma, nel quartiere Cava dei Selci, l’Acea ha staccato l’acqua ad un utente moroso che non avrebbe pagato bollette che, a dire dell’utente, sono da capogiro.

Poteva farlo?

Ecco un articolo del quotidiano LA PROVINCIA in cui si tratta l’argomento e si fa riferimento ad una sentenza del Tribunale di Frosinone che fa riferimento proprio ad un analogo episodio riferito all’ACEA.

da La Provincia.it

Il regolamento del servizio idrico non è stato mai approvato secondo le procedure previste dal contratto di convenzione per cui il gestore idrico Acea Ato5 Spa non può invocarlo per staccare l’acqua agli utenti morosi. Questo il principio che è alla base dell’ordinanza emessa dal giudice del Tribunale di Frosinone il quale ha accolto il ricorso ex art. 700 del codice di procedura civile avanzato da un cittadino di Ceccano a cui il gestore ha chiuso l’acqua in seguito al mancato pagamento di diverse fatture.
L’utente, infatti, anche attraverso il Coordinamento per l’Acqua pubblica guidato da Severio Lutrario (attraverso il coordinamento di Ceccano guidato da Domenico Aversa), ha da tempo contestato le bollette idriche ricevute con ricorsi e reclami inviati al gestore nei quali lamentava il conteggio in fattura di tutta una serie di voci ritenute non dovute o illegittime (dall’impegno minimo, alla remunerazione del capitale, ecc.) Per questi motivi l’utente ha sempre pagato solo la parte di bolletta ritenuta corretta. L’Acea ha respinto ogni reclamo o ricorso avanzato dall’utente fino a giungere a intimargli il pagamento delle rimanenti somme dovute e passando quindi alla riduzione del flusso idrico prima e alla chiusura del contatore poi.
L’utente si è rivolto allora, tramite gli avvocati del coordinamento Acqua pubblica, Massimiliano Fiorini e Daniela Di Sora, al Tribunale di Frosinone contestando l’operato di Acea e chiedendo al giudice di ordinare l’immediato riallaccio della fornitura idrica. I due legali, infatti, hanno sostenuto tutta una serie di ragioni a supporto delle irregolarità indicate in bolletta dall’utente ma soprattutto hanno messo in dubbio la vigenza del regolamento invocato da Acea Ato5 per ridurre prima e sospendere poi l’erogazione dell’acqua a chi non paga le bollette. Il regolamento idrico, infatti, non è stato mai approvato dall’Ato5 e il testo a cui il gestore farebbe riferimento sarebbe solo una ‘bozza’ predisposta da Acea ma mai varata dall’Autorità d’ambito. La norma invocata dal gestore, insomma, non avrebbe alcun valore. Il giudice, sentite le argomentazioni dell’utente, ha quindi accolto le ragioni del ricorso ed emesso il provvedimento cautelare con cui ordina all’Acea Ato5 di riallacciare immediatamente la fornitura idrica sospesa. Il giudice ha anche condannato il gestore al pagamento delle spese legali.
«Al momento non sappiamo ancora nulla di questa decisione del Tribunale – ha spiegato ieri sera il presidente dei Acea Ato5 Ranieri Mamalchi -. Se la vicenda è in questi termini faremo sicuramente ricorso. Nell’erogazione di qualsiasi servizio (acqua, luce, gas, ecc.) se non si pagano le bollette ci sono procedure l’interruzione del servizio stesso. Se non si pagano le bollette dell’acqua ci sono prima una serie di solleciti e poi la riduzione e quindi, restando ancora morosi, il distacco».
Va detto, però, che lo stesso regolamento del servizio idrico presente sul sito dell’AceaAto5 Spa viene indicato come una ‘bozza’ che deve essere ancora sottoposta all’Autorità d’ambito.
Ci sono inoltre altri ricorsi pendenti ex art. 700 c.p.c. davanti al tribunale che dovrebbero giungere a breve a decisione. Sta di fatto che l’orientamento fin qui emerso minaccia di diventare dirompente nella lotta tra i comitati per l’acqua pubblica e l’interesse del gestore a incassare le somme dovute per il servizio erogato.

Siamo tutti convinti che quando beviamo un succo di arance (nettare) queste provengono dal sud Italia. Non e’ proprio cosi’. La maggior parte del succo di arancia che si beve in Europa, circa l’80%, proviene dal Brasile e dagli Stati Uniti (USA). Il succo d’arancia e’ solitamente esportato in forma liofilizzata e viene addizionato con l’acqua nel luogo di destinazione. Un altro colpo alla italianita’ di un prodotto che si riteneva specificatamente italiano, cosi’ come l’olio di oliva e il grano duro con il quale si fa la pasta. Il motivo e’ semplice: le varieta’ americane sono piu’ adatte alla produzione industriale di succhi, quelle italiane per il consumo tal quale. Ci sono anche succhi di frutta italiani ma la dizione “made in Italy” non e’ obbligatoria ma si puo’ sempre aggiungere. Consigliamo di bere una spremuta fatta sul momento o di mangiare arance: contengono piu’ flavonoidi (antiossidanti) dei succhi “industriali” senza polpa. C’e’, inoltre, il problema del gusto: una spremuta fresca ci sembra piu’ gustosa. Ma e’ un problema, per l’appunto, di gusti.

succoda Aduc – di Primo Mastrantoni

Siamo tutti convinti che quando beviamo un succo di arance (nettare) queste provengono dal sud Italia. Non e’ proprio cosi’. La maggior parte del succo di arancia che si beve in Europa, circa l’80%, proviene dal Brasile e dagli Stati Uniti (USA).

Il succo d’arancia e’ solitamente esportato in forma liofilizzata e viene addizionato con l’acqua nel luogo di destinazione. Un altro colpo alla italianita’ di un prodotto che si riteneva specificatamente italiano, cosi’ come l’olio di oliva e il grano duro con il quale si fa la pasta. Il motivo e’ semplice: le varieta’ americane sono piu’ adatte alla produzione industriale di succhi, quelle italiane per il consumo tal quale. Ci sono anche succhi di frutta italiani ma la dizione “made in Italy” non e’ obbligatoria ma si puo’ sempre aggiungere.
Consigliamo di bere una spremuta fatta sul momento o di mangiare arance: contengono piu’ flavonoidi (antiossidanti) dei succhi “industriali” senza polpa.
C’e’, inoltre, il problema del gusto: una spremuta fresca ci sembra piu’ gustosa. Ma e’ un problema, per l’appunto, di gusti.

Il carciofo. Consigli per gli acquisti

carciofoda Aduc – di Pino Mastrantoni

Di questa pianta ricordiamo sia la pubblicita’ di un liquore, il Cynar, che prometteva di combattere il “logorio della vita moderna” sia l’attribuzione del termine “carciofo” a persona non particolarmente brillante. Vediamo di capirne i motivi.
Il carciofo grazie al suo principio attivo, la cinarina, stimola la produzione della bile, che facilita la digestione dei grassi e agisce sui reni, facilitando il drenaggio delle tossine. Inoltre, abbassa il colesterolo, perciò è un ortaggio molto indicato per chi soffre di iper-colesterolemia. Lo stress quotidiano altera la funzionalità epatica e intestinale e un tonificante naturale non puo’ che far bene, meglio se assunto direttamente dalla pianta perche’ il liquore per il suo contenuto alcolico non e’ il rimedio migliore. La cinarina e’ tremolabile (si degrada con il calore) per cui e’ consigliabile mangiare l’ortaggio crudo.
Il carciofo:
* rapportato al costo e’ caro, infatti, circa il 65% del prodotto viene scartato;
* ha uno scarso apporto calorico;
* e’ povero di vitamine;
* e’ ricco in potassio e ferro (poco utilizzabile);
* e’ ricco di fibra alimentare, cellulosa non assimilabile, che favorisce il transito intestinale.
Insomma il carciofo vale poco dal punto di vista alimentare e questo ne giustifica il nome attribuito a persona, come detto, non particolarmente brillante.
Del carciofo ne esistono tante varieta’, disponibili sul mercato in periodi diversi dell’anno. Per essere sicuri della freschezza occorre scegliere carciofi con foglie dure e lucide, che si spezzino facilmente e in cima siano ben serrate l’una contro l’altra. Un particolare curioso: sembra che la cinarina stimoli i ricettori dei sapori dolci nelle papille gustative della lingua, di conseguenza il cibo acquista un sapore dolce. I carciofi, infine, per il loro alto contenuto di ferro, lasciano in bocca un sapore quasi metallico ed è quindi difficile abbinarvi un vino.

Etichette per frutta e verdura

etichetteda Aduc

Le etichette per frutta e verdura sono obbligatorie. Nel cartellino esposto vanno indicati:
1. Prezzo.
2. Varieta’ (es. mele golden).
3. Categoria. Sono tre: extra, 1° e 2°.
4. Provenienza. Obbligatoria l’indicazione dello Stato (es. Italia), facoltativa quella di una regione o zona (es. Sicilia o Cilento) (1).
Chi non adempie a tale obbligo e’ soggetto alla sanzione amministrativa che va da 350 a 15.500 euro. All’obbligo di etichettatura non sono tenuti i coltivatori che vendono direttamente al consumatore. Da una nostra indagine a Roma abbiamo riscontrato il rispetto della norma nella grande distribuzione organizzata, mentre lascia a desiderare quella nella piccola distribuzione, cioe’ nei cosiddetti mercati rionali. Non comprendiamo, inoltre, il motivo della esenzione dell’obbligo delle etichette per i coltivatori diretti, cioe’ di coloro che un tempo si chiamavano contadini e oggi imprenditori agricoli. Sarebbe opportuno che chi deve effettuare controlli si impegnasse a far rispettare la legge in vigore e tutelasse consumatori e agricoltori, imponendo l’obbligo delle etichette anche ai contadini, ovvero agli imprenditori agricoli.

(1) Per approfondimenti si veda qui