Tenete a bada la lingua se il vostro titolare vi stressa sul lavoro rimproverandovi senza darvi un attimo di tregua! Potrebbe costarvi caro se, al datore di lavoro, dite “lei non capisce un cavolo” ovviamente nella versione più colorita! La Corte di Cassazione, nella sentenza 234/2013, rimette in discussione un verdetto emesso in precedenza che dava ragione al lavoratore. In quel caso un uomo di oltre sessant’anni si rivolse con un linguaggio poco consono al suo titolare ma, la Corte, lo assolse poiché l’espressione “lei non capisce un ….” era di uso comune al punto tale da non potersi considerare ingiuria. Di differente opinione fu però la Procura che presentò ricorso definendo la frase pronunciata in quel contesto “volgare ed altamente offensiva”.
Il nuovo e recente verdetto ha quindi accolto il ricorso alla cui base si legge che “al di là della questione sull’appartenenza o meno al parlare comune del termine volgare riportato, l’espressione stessa va ad assumere carattere ingiurioso laddove vi veniva rimarcata, con particolare asprezza di tono, e nel corso di una discussione di lavoro, l’incompetenza della persona offesa nella materia oggetto di discussione”. In sostanza non si trattò solo di un semplice contrasto di opinioni bensì di un vero e proprio attacco volto a ledere l’onore professionale della parte offesa. Il nostro consiglio? Contate fino a dieci prima di aprire bocca!
Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile