di Umberto Buzzoni
Dal 16 gennaio è scattato l’aumento delle accise sui tabacchi con i conseguenti rincari del prezzo dei pacchetti di sigarette da un minimo di 10 ad un massimo di 20 centesimi. Molti marchi hanno superato così la soglia psicologica dei 5 euro a pacchetto tra cui Marlboro Gold, Merit, Philip Morris Blu Multifilter, Muratti Ambassador e Rothmans con un prezzo di 5 euro e 20 centesimi. Anche il tabacco trinciato ha subito gli aumenti come nel caso del Golden Virginia da 25 grammi che è passato da 4.,50 a 4,90 euro.
Nel provvedimento, pubblicato dai Monopoli, di adeguamento dei prezzi di vendita al pubblico di sigarette e trinciati vi sono due determine seguite dalle tabelle in cui sono riportate le case produttrici e relativi marchi di sigarette a cui è stato applicato l’aumento della tassazione.
Ad essere stati modificati sono sia il calcolo che il peso dell’accisa passando dalla logica della «classe di vendita più richiesta» al «prezzo medio ponderato» delle sigarette. E’ stato previsto un «onere fiscale minimo» composto da accisa più Iva di 170 euro per chilogrammo (mille sigarette) con un aumento dell’aliquota dal 58,6 al 58,7%. L’obiettivo del provvedimento è di incidere maggiormente su prezzi molto bassi infatti l’onere fiscale si attenua proporzionalmente al crescere del prezzo delle sigarette.
L’attuazione del decreto legislativo alla delega fiscale può far arrivare nelle casse dello Stato circa 200 milioni in più anche se questo tipo di rincari portano ad un aumento del fumo illegale. La Sicpa, azienda specializzata in inchiostri per banconote e contrassegni di sicurezza, ha riferito alla Commissione Finanze del Senato che in Italia si consumano 3,7 miliardi di pacchetti, con una tassazione media del 72% per un totale di imposta dovuta di circa 13 miliardi, il cui 10% di mercato nero è di 1,2 miliardi. Una quota destinata ad aumentare di pari passo con i rincari e con la diffusione delle sigarette elettroniche.