da Aduc
“La salsiccia è il cibo degli dei”, diceva il poeta romantico tedesco Jean-Paul, che subito aggiungeva: “poiché solo Dio sa cosa contiene”.
In Usa, nelle ultime settimane il termine “pink slime” ha creato un grande scompiglio e ha buone probabilità d’essere incoronato parola tabù dell’anno. Pink slime, o poltiglia rosacea, deve la sua recente popolarità a un famoso cuoco televisivo britannico, Jamie Oliver, che nella sua trasmissione Jamie Oliver’s Food Revolution ha mostrato quello che l’industria statunitense propina come carne. Con l’ausilio di un’asciugatrice e di detergenti domestici Oliver ha illustrato al pubblico sbalordito come si ottiene un ingrediente aggiuntivo alla carne macinata. Ufficialmente si usa un eufemismo, si parla di “carne bovina magra finemente strutturata” per suggerire l’idea di una particolare carne, pregiata e povera di calorie. Povera di calorie, può anche darsi; pregiata, certamente no. La materia prima sono i residui di carne e di grassi dopo la macellazione, gli stessi utilizzati dall’industria alimentare per cani e gatti. Una centrifuga provvede a separare il grasso dalla carne, e la poltiglia ottenuta è trattata con ammoniaca diluita nell’acqua a scopo igienico, ossia per uccidere eventuali germi.
In Usa non c’è obbligo di specifica etichettatura per quel tipo di ingredienti, e le stime parlano di un 50%-70% di carne macinata prodotta in quel modo. Dopo la repentina diffusione in Internet della trasmissione di Jamie Oliver, le precisazioni dell’industria della carne in Usa sono cadute nel vuoto. La blogger Bettina Siegel ha lanciato una petizione in Rete contro l’uso di pink slime nelle mense scolastiche, sottoscritta in breve tempo da 250.000 persone. Quando poi il tema è stato ripreso dall’emittente televisiva ABC, corredato dalle immagini ripugnanti della poltiglia, i produttori si sono dovuti arrendere. Una catena dopo l’altra di supermercati è stata costretta a sbarazzarsi della carne “incriminata”; McDonald’s, che ha dato prova di buon fiuto, ha informato di avervi rinunciato fin dall’estate scorsa; Burger King e Taco Bell hanno seguito l’esempio; il drastico crollo della domanda ha costretto l’azienda AFA Foods, che lavora 225 milioni di chili di carne all’anno, a depositare istanza di fallimento e il suo collega texano, Beef Inc, ha chiuso tre dei suoi quattro stabilimenti.
La situazione nell’Ue Da noi la lavorazione degli scarti della macellazione è un fatto abituale. Anche qui si usano i resti come in Usa, ma con una differenza: in tutta l’Ue è vietato disinfettare la carne con sostanze chimiche. Il procedimento definito “carne separata meccanicamente” è stato sottoposto a critica durante la crisi della Bse. Attraverso lo sminuzzamento degli ossi e l’alta pressione per amalgamare la massa osso-carne, non si può escludere che tessuto nervoso, tendini e scarti ossei, così come il midollo della spina dorsale, non entrino nel prodotto finito. E’ un guaio poiché sono ritenuti portatori della Bse e all’origine della malattia di Creutzfeld Jakob. Ecco perché nel 2001 sono entrati in vigore divieti particolari per il trattamento della carne bovina. Nel frattempo le norme si sono allentate. Finora solo la Svezia e la Finlandia sono classificate come esenti da Bse; da maggio 2012 lo sarà anche l’Austria. Ciò vuol dire che questi tre Paesi possono separare meccanicamente la carne bovina ed esportarla. Per polli, maiali, pecora, capra e volatili il divieto non c’è mai stato. In questo periodo la Commissione Europea sta preparando una legge alimentare più severa. Da dicembre 2011 è in vigore un nuovo obbligo di etichettatura, che però sarà vincolante solo fra tre e cinque anni. Esso contempla tra l’altro l’indicazione obbligatoria del luogo di provenienza per tutta la carne (finora valeva solo per quella bovina) e scritte sulle confezioni di una certa grandezza. E’ invece ancora in fase di studio una definizione univoca di carne separata meccanicamente.
(tratto da un articolo di Eva Steindorfer per Die Presse del 07-04-2012. Traduzione di Rosa a Marca)