a nuova imposta unica comunale (IUC) e le sue componenti (IMU, TARI, TASI): guida pratica

tasseda Aduc – di Rita Sabelli

Da quest’anno i Comuni applicheranno la nuova imposta unica comunale (IUC), che si compone della “vecchia” IMU, andata a regime e per la quale diventa definitiva l’esenzione per le case di abitazione, e delle nuove Tari e Tasi.

La Tari (tassa sui rifiuti) sostituisce dal 2014 la Tares, che è stata attiva solo per il 2013 e ha sostituito a sua volta le vecchie Tarsu e Tia; la Tasi (tassa sui servizi indivisibili) sostituisce dal 2014 la maggiorazione Tares, che ugualmente copriva, abbinata alla tassa sui rifiuti, i servizi indivisibili comunali (illuminazione pubblica, pulizia strade, etc.).

Per l’IMU, che rimane sostanzialmente invariata, è obbligato a pagare il proprietario dell’immobile, mentre per la Tari l’obbligato è l’occupante, a qualsiasi titolo. Sistema misto invece per la Tasi: paga l’occupante, ma se questi non è proprietario (o usufruttuario o titolare di altro diritto reale) la sua quota è parziale, decisa dal comune tra il 10% e il 30% del dovuto (il resto lo paga il proprietario).

Ma quanto si pagherà?
In attesa dei regolamenti comunali che dovranno definire tutti i dettagli (quando, quanto e come si paga), per la cui emanazione i Comuni hanno tempo fino a fine Aprile 2014, il riferimento sono le regole generali fissate dalla legge.

Per l’IMU le regole sono ferme: la prima rata (del 16/6/2014) dovrà essere calcolata con le aliquote comunali previste per il 2013 e la seconda (del 16/12/2014) dovrà invece essere calcolata -a conguaglio sulla base di tutto l’anno 2014- con le aliquote nel frattempo deliberate dal comune per il 2014 (e pubblicate sul sito del Min.economia www.finanze.it entro il 28/10/2014).

Per la TARI non vi sono tariffe nazionali di riferimento, come per l’IMU. I Comuni determineranno le proprie tariffe utilizzando, più o meno, gli stessi criteri presuntivi validi per le vecchie tasse sui rifiuti (Tares, Tarsu, Tia), in attesa dell’arrivo (si spera), entro Giugno 2014, di nuovi metodi per il calcolo puntuale dei rifiuti prodotti da ogni utenza. I comuni decidono anche le scadenze di pagamento, almeno due rate con cadenza semestrale.

Anche per la TASI le scadenze di pagamento sono liberamente fissate dai Comuni, sempre con almeno due rate con cadenza semestrale, anche differenziate rispetto alla Tari.
Per quanto riguarda le aliquote, che vanno applicate alla stessa base imponibile utilizzata per l’IMU, i Comuni le decidono attenendosi a queste limitazioni:
– aliquota base all’1 per mille e aliquota massima al 3,3 per mille (per il 2014).
– la somma delle aliquote Tasi e Imu per ciascuna tipologia di immobile non deve essere superiore all’aliquota massima IMU consentita dalla legge statale alla fine del 2013. A questo principio un recente decreto (dl 16/2014) ha aggiunto che tali soglie massime possono essere superate dai comuni per lo 0,8 per mille totale, distribuito come meglio credono.
Ne consegue che, per il 2014, sugli edifici residenziali:
– ferme le altre soglie, la soglia massima Tasi+Imu per le seconde case può arrivare fino all’11,40 per mille (senza addizionale al 10,60 per mille);
– ferme le altre soglie, la soglia massima Tasi+Imu per le case di abitazione di lusso, castelli, etc. (categorie catastali A1,A8 e A9) può arrivare fino al 6,8 per mille (senza addizionale al 6 per mille);
– ferme le altre soglie, la soglia massima Tasi+Imu per le case di abitazione diverse da quelle sopra (ed esenti IMU) può arrivare fino al 3,3 per mille (senza addizionale al 2,5 per mille).

Fermo quanto sopra, si capisce quante siano le combinazioni ottenibili distribuendo l’addizionale dello 0,8 per mille tra le varie categorie di immobili.
Tuttavia è presumibile che i Comuni non la utilizzeranno per le case di abitazione ma bensì per le seconde case o per gli immobili destinati ad altri usi (commerciali), anche considerando che per poter beneficiare dell’addizionale dello 0,8 per mille i comuni sono tenuti a prevedere detrazioni destinate -appunto- alle case di abitazione.
Quel che e’ certo e’ che i Comuni sono liberi di abbassare l’aliquota Tasi sotto quella di base (1 per mille), fino anche ad annullarla, prevedendo quindi esenzioni non contemplate dalla legge nazionale. Lo faranno?

Qui la nuova scheda pratica sull’argomento.

Opere di manutenzione straordinaria e costituzione di un fondo obbligatorio: attenzione ai falsi allarmi

condominiumlawda Aduc – di Alessandro Gallucci

La legge di modifica della disciplina del condominio negli edifici, la pomposamente detta riforma, è ormai in procinto di entrare in vigore.
Si susseguono i convegni, le iniziative, i dibattiti, ecc. ecc. ai quali anche noi di Aduc abbiamo preso parte attiva intervenendo, ad esempio, sabato 1 giugno al secondo convegno nazionale dell’A.I.A.C. (Associazione italiana amministratori condomini) incentrato sulla figura dell’amministratore condominiale.
Scopo degli incontri, si scopre l’acqua calda, è quello di far chiarezza su una materia che, è noto, inciderà significativamente sul quotidiano di ognuno di noi. Non mancano, naturalmente, a livello più generale, occasioni di approfondimento ed informazione. In questi casi, viste le novità che ci aspettano, dovrebbe essere fondamentale una particolare scrupolosità nel fornire le informazioni: se qualcosa non la si sa è meglio tacere o chiedere a qualcuno che ne sa di più. Così sarebbe stato meglio fare, per quanto abbiamo potuto apprendere in diretta, in un servizio andato in onda, nel programma televisivo Tg La7 “Cronache”, lo scorso 3 giugno.
Questa la cronistoria per chi non avesse voglia e/o tempo di guardarlo. Intorno al minuto 17 viene lanciato un servizio sulla “riforma” del condominio che, si dice correttamente, entrerà in vigore il 18 giugno. Dopo circa un paio di minuti di “ipersintesi”, non senza qualche sbavatura, delle principali novità, si passa all’argomento caldo: lavori di straordinaria manutenzione. Dando conto delle novità (obbligo della costituzione di un fondo spese pari all’importo dei lavori deliberati) si dice: “Facciamo un esempio: se in assemblea si decide di ripulire la facciata del palazzo, si dovrà pagare prima l’impresa che esegue i lavori…” La giornalista, poi, spiega il perché di questa novità.
La notizia è errata o almeno lo è parzialmente. Vediamo perché.
L’art. 1135 c.c. n 4 del codice civile, così come innovato dalla legge 220/2012 (la “riforma”) prevede la costituzione obbligatoria di un fondo spese pari all’importo dei lavori di manutenzione straordinaria o delle innovazioni deliberate dall’assemblea. Ciò, però, non vuol dire pagamento anticipato dell’impresa. Le norme sull’appalto (art. 1655 c.c. e ss del codice civile) non sono state modificate. Esse si applicano anche ai rapporti tra condomini e imprese. Ai sensi del quinto comma dell’art. 1665 c.c. “salvo diversa pattuizione o uso contrario, l’appaltatore ha diritto al pagamento del corrispettivo quando l’opera è accettata dal committente”. Il successivo art. 1666, al primo comma, c.c. specifica che “se si tratta di opere da eseguire per partite, ciascuno dei contraenti può chiedere che la verifica avvenga per le singole partite. In tal caso l’appaltatore può domandare il pagamento in proporzione dell’opera eseguita”. Si tratta del così detto stato di avanzamento dei lavori (S.A.L.). La norma è chiusa dal secondo comma che recita: “il pagamento fa presumere l’accettazione della parte di opera pagata; non produce questo effetto il versamento di semplici acconti”. In buon sostanza la costituzione del fondo non va ad incidere direttamente sui rapporti economici con l’impresa: questi resteranno rimessi alla libera contrattazione delle parti nell’ambito delle norme appena citate.
La questione del fondo obbligatorio va così risolta: fermi restando gli accordi con l’impresa in merito alle modalità di pagamento delle opere appaltate, il condominio è tenuto ad istituire un fondo di pari importo all’ammontare dei lavori. Se, poi, il costo dei lavori è calcolato a misura e non a corpo, non può che concludersi che il fondo non potrà che essere pari all’importo preventivabile (es. grazie ad un computo metrico) e non a quello definitivo. Di fatto si tratta di un salvadanaio che serve a tener pronte le somme per i pagamenti. Vista l’attuale situazione di generale difficoltà economica, la norma ha sollevato più d’una critica, tant’è che sono stati già presentati dei disegni di legge per modificare questa disposizione.
Fondo obbligatorio al vaglio dell’assemblea: quali conseguenze?
Posto che i rapporti con le imprese, sotto questo aspetto, non verranno ad essere modificati dalla legge n. 220/2012, il problema è un altro. Che cosa accadrà se l’assemblea non delibererà (per mancanza di quorum o per dimenticanza) la costituzione del fondo oppure delibererà di non costituirlo? S’è parlato di deliberazioni annullabili e come tali impugnabili davanti all’Autorità Giudiziaria nei modi e nei termini di cui all’art. 1137 c.c. (30 giorni che decorrono per i presenti dissenzienti ed astenuti dalla deliberazione e per gli assenti dalla comunicazione del verbale). A ben vedere questa possibilità dovrebbe valere solamente per la seconda ipotesi. Nel primo caso (che senso avrebbe impugnare una non delibera?) le alternative sono due:
a) consentire all’amministratore, che deve riscuotere i contributi di farlo sulla base dei propri poteri (artt. 1130 n. 3 e 1133 c.c.), sopperendo, in tal modo, all’inerzia dell’assemblea;
b) se si dovesse ritenere applicabile la prima ipotesi o comunque nell’inerzia dell’amministratore, consentire a ciascun condomino di rivolgersi all’Autorità Giudiziaria per prendere quella decisione di costituzione del fondo obbligatorio, in sostituzione dell’assemblea, ai sensi dell’art. 1105 c.c.
Visto, infine, che l’art. 1135 c.c. non è inserito tra quelli assolutamente inderogabili elencati nel quarto comma dell’art. 1138 c.c. resta aperta la possibilità, attraverso un accordo tra tutti i condomini, di derogare a questa imposizione. Così come si fa per i criteri di ripartizione delle spese.
Il fondo obbligatorio, c’è da starne certi, creerà più di qualche problema agli amministratori, ai condomini e di conseguenza agli uffici giudiziari.

Sospensione pagamento IMU: ecco chi non deve pagare la prima rata

imuda Adico

Il decreto del governo approvato venerdì definisce una serie di casi nei quali il pagamento dell’Imu viene sospeso per la prima rata prevista il 17 giugno. Si tratta non di una abolizione definitiva ma, appunto, di una sospensione, in attesa di una ridefinizione della tassazione sulla casa che dovrà essere fatta entro agosto. Se il governo non riuscirà a mantenere l’impegno, la prima rata ora sospesa potrebbe essere chiesta in settembre (entro il 16) ai contribuenti. La sospensione non riguarda tutte le categorie e e tutti i casi di pagamento Imu. Ecco una guida per capire chi deve comunque pagare entro il 17 giugno e chi invece rientra nei casi della sospensione (a cura di Mario Sensini).

Abitazione principale: risparmio medio di 125 euro

Seconda casa: tassazione confermata, verso l’aumento

Sospensione anche per campi e fabbricati

Capannoni, l’ipotesi di sgravio per il 2012

Per depurare la nostra casa niente fumi e le piante giuste

acariDi Margherita Fronte
fonte: corriere.it

Trascorriamo nei luoghi chiusi il 90% del nostro tempo ed è qui che respiriamo la maggioranza degli inquinanti che minacciano la nostra salute. Negli ambienti “indoor”, infatti, penetrano e si concentrano le sostanze che ammorbano l’aria esterna, alle quali si aggiunge un variegato esercito di molecole che si sprigiona da oggetti, mobili, dai prodotti chimici usati in casa, da pitture, tessuti e persino dai fornelli. Lo studio Iaiaq, finanziato dalla Ue, ha valutato che in Europa il 3% di tutte le malattie sono determinate dall’inquinamento indoor.

QUALI SONO – «A minacciare la salute sono soprattutto le polveri sottili (PM2,5), i contaminanti biologici come muffe, acari e batteri, il monossido di carbonio e i composti organici volatili (Cov), una classe di molecole di piccole dimensioni che si diffondono nell’aria e penetrano facilmente nei polmoni, raggiungendo, da qui, il sangue» spiega Paolo Carrer, responsabile dell’Unità operativa di Medicina del lavoro all’Ospedale Sacco di Milano, fra gli autori dello studio. L’indagine ha anche stilato la graduatoria dei Paesi in cui gli ambienti sono più salubri. I migliori sono Svezia, Finlandia, Regno Unito e Francia; i peggiori Romania, Bulgaria e Ungheria, mentre l’Italia si colloca a circa metà classifica, dopo Austria, Germania, Grecia, Portogallo, Belgio, Irlanda e Spagna. «Fra le malattie legate all’inquinamento indoor – prosegue Carrer – quelle che più incidono sulla salute degli europei sono, in ordine di importanza, quelle cardiovascolari, l’asma e le allergie, il tumore del polmone, le malattie respiratorie e le intossicazioni da monossido di carbonio».

MIX DI SOSTANZE – E per alcune, il contributo della qualità dell’aria negli ambienti confinati è davvero fondamentale: un rapporto dell’Oms-Europa, pubblicato nel 2011, ha valutato che nel vecchio continente il 12 -15% dei casi di asma può essere attribuito alle muffe e all’umidità che si sviluppano fra le quattro mura. Mentre in anni recenti uno studio del Cnr di Pisa ha calcolato che eliminare l’esposizione ai contaminanti biologici nei primi anni di vita ridurrebbe, fra i bambini di 6-7 anni, la tosse cronica del 9%, l’asma del 7% e le rinocongiuntiviti del 6%. In linea generale, comunque, i danni che un ambiente insalubre provoca all’organismo sono dovuti al mix di sostanze più o meno nocive presenti, più che a un singolo inquinante. E sono strettamente legati anche al tempo che si trascorre al suo interno, alla suscettibilità individuale (i bambini, gli anziani e gli allergici sono più vulnerabili) e ai comportamenti di chi occupa gli ambienti. «Il fumo di sigaretta è la fonte più importante di inquinamento, ma il bruciare incensi e l’accendere candele hanno effetti analoghi» dice Carrer.

LE FONTI – Fra gli inquinanti che più sono influenzati da queste abitudini c’è il benzene, un cancerogeno che nelle case libere dal fumo di sigaretta si attesta solitamente su livelli che comportano rischi bassissimi per gli occupanti, ma che è in media due volte e mezza più abbondante nelle abitazioni dei fumatori. «Altre sorgenti di inquinanti sono il traffico stradale, gli impianti di riscaldamento, le attività che si svolgono in cucina, le infiltrazioni di acqua, i prodotti chimici e gli oggetti di ampio consumo presenti in casa» prosegue l’esperto. Su questi ultimi, indicazioni importanti stanno arrivando dallo studio europeo Ephect, ancora in corso, che ha l’obiettivo di identificare le emissioni di una quindicina di tipi di prodotti e mettere a punto un sistema di etichettatura per indicarle con chiarezza ai consumatori. «Si sta confermando che un contributo importante all’inquinamento indoor arriva dai materiali da costruzione e dagli arredi, dai prodotti per la pulizia della casa e dai deodoranti» afferma Carrer.

NEI MOBILI – Le preoccupazioni riguardano soprattutto i Cov, e fra questi la formaldeide, un gas dall’odore pungente, accusato di favorire i tumori del naso, della laringe e le leucemie. Sebbene normalmente non raggiunga nelle case concentrazioni ritenute cancerogene, la formaldeide è fortemente irritante per le vie respiratorie e le mucose e, miscelandosi ad altri inquinanti, genera composti molto reattivi, che moltiplicano l’effetto. Usata nella fabbricazione di materiali molto comuni, si emana da alcuni mobili in truciolato, dai tappeti e dalle tende, dalle colle, dalle pitture, dalle carte da parati e da certi materiali isolanti. È presente poi nei detergenti per la pulizia della casa e nei lucidi da scarpe, negli smalti per le unghie, negli insetticidi, ed è emessa persino da alcune apparecchiature elettroniche, come computer e fotocopiatrici. Come per il benzene, però, la sorgente principale nelle case di chi fuma restano le sigarette, che sono pure la fonte più importante di un’altra classe di inquinanti che gli esperti tengono d’occhio: gli idrocarburi policiclici aromatici (o Ipa). Negli ambienti frequentati da fumatori, anche l’87% di queste molecole può derivare dalla loro cattiva abitudine, mentre il resto arriva per lo più dall’inquinamento che c’è all’esterno.

CIBI BRUCIATI – Le conseguenze per la salute possono essere importanti: alcuni Ipa, come il benzo(a)pirene, sono infatti cancerogeni. Va tuttavia precisato che l’inalazione è soltanto uno dei modi in cui queste sostanze penetrano nell’organismo. Nei non fumatori, anzi, la via di ingresso principale è rappresentata dai cibi bruciacchiati, come la carne alla griglia e le caldarroste, che proprio per questo gli esperti consigliano di consumare con moderazione. «L’inquinamento indoor è una materia difficile da normare, perché dipende da moltissime sorgenti e perché le leggi dovrebbero intervenire su ciò che ciascuno fa in casa propria – riprende Carrer -. Ma c’è anche un aspetto positivo in tutto ciò. Perché, mentre il nostro potere per migliorare la qualità dell’aria cittadina è piuttosto limitato, possiamo fare moltissimo per rendere più salubri gli ambienti che frequentiamo quotidianamente».

AERARE I LOCALI – Il primo consiglio è ovviamente quello di non fumare in casa. Una volta fatto questo, ulteriori benefici si possono avere aerando spesso i locali per impedire il ristagno di sostanze nocive e limitando le sorgenti inquinanti: ovvero, scegliendo arredi e pitture a basse emissioni e usando con moderazione i prodotti per la pulizia della casa e le altre sostanze chimiche. «La riduzione delle sorgenti è anche il solo modo per fare andare d’accordo il risparmio energetico, che richiede che le case siano ben isolate, e la salubrità degli ambienti» fa notare Carrer. Infine, per controllare muffe e acari, l’umidità non dovrebbe superare il 40-50%. E a ripulire l’aria possono contribuire anche le piante di aloe, clorofito, crisantemo, gerbera, giglio, peperomia, sansevieria e ficus. Purché, però, siano rigogliose.

 

Guerre di cifre sull’Imu. «Costerà 200 euro a famiglia»

da avvenire.it

Tre miliardi in più ai Comuni dall’Imu, nel 2012, rispetto a quanto incassato nel 2011 dall’Ici. È il sottosegretario all’Economia Vieri Ceriani a fare i calcoli numeri alla mano: nel 2012 dei 21 miliardi di gettito previsto dall’Imu 9 miliardi andranno allo Stato e 12 ai Comuni, mentre nel 2011 questi ultimi dall’Ici ne avevano incassati 9. Dalla nuova imposta sulla casa, dunque, il ‘guadagnò è di circa 3 mld mentre “la carenza di risorse” lamentata dai Comuni deriva dai trasferimenti dello Stato che hanno subito “in effetti un taglio forte”. Per quanto attiene l’ammanco equivalente a 2,5 mld che emerge da uno studio dell’Ifel, l’istituto di ricerca dell’Anci, Ceriani ne contesta la validità.

L’attendibilità della cifra emersa dallo studio “è assolutamente dubbia e indimostrabile”, spiega il sottosegretario rilevando che, come affermato dallo stesso Ifel, “il campione non è casuale” ma basato sui Comuni che hanno deciso di rispondere al questionario e che il 70% del campione “ha fatto riferimento a stime del Mef non ancora ufficiali”. La realtà è che “anche i Comuni non hanno certezze”.

“L’impatto dell’Imu sulle famiglie italiane è di circa 200 euro. È la media nazionale”. Il sottosegretario all’economia, Vieri Ceriani conferma le proiezioni di spesa delle famiglie per il pagamento dell’Imu, replicando così alle diverse critiche rivolte al governo. “La banca dati del catasto – spiega Ceriani nel corso di un incontro con la stampa – ci dà quell’importo. Il 30% non paga per le deduzioni e per i carichi familiari, per la restante la spesa media è 200 euro a famiglia”.

L’ANCI: RISCHIO DI TENSIONE SOCIALE

“Rischiamo un grande stato di tensione sociale dopo il pagamento della prima rata dell’Imu”. È l’allarme lanciato dal presidente dell’Anci, Graziano Delrio, nel corso della conferenza stampa al termine dell’ufficio di presidenza.

Tutti gli aumenti sulla casa, rata per rata

di Luigi Lovecchio fonte: sole24ore.it

Dall’Imu alla riduzione delle agevolazioni per alcuni settori immobiliari, passando per l’imposizione degli immobili esteri sino a giungere, da ultimo, all’incremento della tassazione sui fabbricati locati. L’imposizione sulla casa è indubbiamente un elemento portante delle ultime manovre. Anche per le risorse necessarie alla riforma del lavoro si è fatto ricorso a un inasprimento della tassazione sugli immobili (la riduzione della deduzione epr gli immobili locati a canone libero). Emerge un quadro di interventi non sempre equilibrati e spesso poco sistematici.

L’Imu è un’imposta che nasce “squilibrata”, poiché avvantaggia le case sfitte rispetto a quelle locate: queste ultime, il prelievo patrimoniale aggravato rispetto alla vecchia Ici si aggiunge, e non si sostituisce, alle imposte sui redditi. Medesima situazione per immobili d’impresa e le unità appartenenti ai soggetti Ires: il più elevato tributo locale si somma alle imposte sui redditi. È vero che la disciplina Imu prevede la possibilità di ridurre l’aliquota sino al 4 per mille, ma è appunto una facoltà, ostacolata dalla quota di imposta erariale. Il 3,8 per mille dell’Imu, infatti, va allo Stato, nei confronti del quale non valgono le riduzioni decise a livello locale. Con gli ultimi emendamenti apportati in sede di conversione del decreto legge sulle semplificazioni fiscali (16/12), si è soppressa la quota statale solo per gli immobili comunali siti nel territorio dello stesso comune e per le unità degli Iacp. L’Imu, inoltre, ha comportato un incremento di tassazione per i fabbricati rurali, prima esenti dall’Ici. Le correzioni appena approvate dalla Camera hanno attenuato questo effetto, ripristinando l’esonero per i fabbricati strumentali situati in comuni montani o parzialmente montani. Anche gli immobili d’interesse storico-artistico sono stati colpiti dalle manovre: a fronte della riduzione a metà dell’imponibile Imu, infatti, hanno perso buona parte delle agevolazioni Irpef. I proprietari dovranno pertanto dichiarare, già da quest’anno, la rendita catastale effettiva e non quella più bassa vigente per le abitazioni situate nella medesima zona censuaria. Inoltre, in caso di locazione, dovrà essere assoggettato a imposizione il canone pattuito, con l’unico vantaggio di fruire di un abbattimento portato al 25%, invece che quello oggi vigente, pari al 15% del canone stesso. C’è poi l’imposta sugli immobili posseduti all’estero (Ivie), introdotta a fine 2011 con effetto retroattivo dall’inizio dell’anno. Non è ancora chiaro come debba essere determinato l’imponibile per gli immobili ubicati in Paesi dello Spazio economico europeo (See): si fa riferimento all’imponibile delle imposte patrimoniali o sui trasferimenti vigenti nel Paese di ubicazione. Né si comprende se le modifiche apportate con il Dl sulle semplificazioni fiscali abbiano effetto dal 2012 o dal 2011. Per le unità site in Paesi non See, si assume invece il costo di acquisto o, in mancanza, il valore di mercato. A ogni buon conto, il prelievo è pari allo 0,76% dell’imponibile e il versamento va effettuato con la medesima tempistica dell’Irpef. Per il primo anno (2011), l’intero importo dovuto dovrebbe essere corrisposto entro il termine per il saldo Irpef 2011. L’ultima sorpresa è nel Ddl lavoro. Per tutti i fabbricati locati l’abbattimento di imponibile è ridotto dal 15% al 5% del canone, a partire dal 2013. Ciò aumenterà indubbiamente la convenienza della cedolare secca (si veda «Il Sole 24 Ore» di venerdì 6 aprile), nella quale le riduzioni non hanno alcun ruolo. Non vanno infine dimenticati due aggravi relativi a tutti i contribuenti Irpef e quindi, indirettamente, anche ai proprietari di immobili. Il primo è l’aumento dell’aliquota base dell’addizionale regionale all’Irpef, dallo 0,9% all’1,23%, operante già dal 2011. Il secondo è lo sblocco delle addizionali comunali all’Irpef 2012, che potranno arrivare allo 0,8 per cento.

Casa. Comprarla tramite agenzia

da Aduc – di Primo Mastrantoni

Quali garanzie ha il cittadino che compera una casa tramite un’agenzia? L’agente immobiliare deve assicurarsi che l’immobile sia in regola con le normative urbanistiche e edilizie, che sia disponibile e che il proprietario sia individuato e informare l’acquirente di eventuali problemi che si dovessero presentare (difformita’ urbanistiche, ipoteche, proprieta’, aggiornamenti catastali, vincoli ecc.). La quantita’ della provvigione da versare all’agenzia non e’ stabilita per legge ma dalle tariffe professionali: in genere e’ del 3% del valore della casa, che viene versato dal venditore e dall’acquirente (quindi l’agenzia intasca il 6%); ovviamente ci possono essere richieste maggiori che pero’ possono essere contrattate.

Se l’agente immobiliare non e’ iscritto alla Camera di commercio non ha diritto alla provvigione, basta quindi una telefonata alla locale Camera per avere un minimo di garanzie. Non e’ conveniente comunque, quando si cerca casa, firmare contratti esclusivi con un’agenzia immobiliare, perche’ tali contratti impediscono al cittadino di rivolgersi ad altri intermediari; bastera’ lasciare all’agenzia le proprie generalita’ e la tipologia dell’appartamento desiderato, per avere mano libera nella ricerca di altre soluzioni. Un’ultima avvertenza: pagare l’agenzia a vendita avvenuta.
Qui alcune schede pratiche coi nostri consigli: – la compravendita immobiliareImmobili: Clausole vessatorie nella compra-vendita tramite agenzia