di Luigi Lovecchio fonte: sole24ore.it
Dall’Imu alla riduzione delle agevolazioni per alcuni settori immobiliari, passando per l’imposizione degli immobili esteri sino a giungere, da ultimo, all’incremento della tassazione sui fabbricati locati. L’imposizione sulla casa è indubbiamente un elemento portante delle ultime manovre. Anche per le risorse necessarie alla riforma del lavoro si è fatto ricorso a un inasprimento della tassazione sugli immobili (la riduzione della deduzione epr gli immobili locati a canone libero). Emerge un quadro di interventi non sempre equilibrati e spesso poco sistematici.
L’Imu è un’imposta che nasce “squilibrata”, poiché avvantaggia le case sfitte rispetto a quelle locate: queste ultime, il prelievo patrimoniale aggravato rispetto alla vecchia Ici si aggiunge, e non si sostituisce, alle imposte sui redditi. Medesima situazione per immobili d’impresa e le unità appartenenti ai soggetti Ires: il più elevato tributo locale si somma alle imposte sui redditi. È vero che la disciplina Imu prevede la possibilità di ridurre l’aliquota sino al 4 per mille, ma è appunto una facoltà, ostacolata dalla quota di imposta erariale. Il 3,8 per mille dell’Imu, infatti, va allo Stato, nei confronti del quale non valgono le riduzioni decise a livello locale. Con gli ultimi emendamenti apportati in sede di conversione del decreto legge sulle semplificazioni fiscali (16/12), si è soppressa la quota statale solo per gli immobili comunali siti nel territorio dello stesso comune e per le unità degli Iacp. L’Imu, inoltre, ha comportato un incremento di tassazione per i fabbricati rurali, prima esenti dall’Ici. Le correzioni appena approvate dalla Camera hanno attenuato questo effetto, ripristinando l’esonero per i fabbricati strumentali situati in comuni montani o parzialmente montani. Anche gli immobili d’interesse storico-artistico sono stati colpiti dalle manovre: a fronte della riduzione a metà dell’imponibile Imu, infatti, hanno perso buona parte delle agevolazioni Irpef. I proprietari dovranno pertanto dichiarare, già da quest’anno, la rendita catastale effettiva e non quella più bassa vigente per le abitazioni situate nella medesima zona censuaria. Inoltre, in caso di locazione, dovrà essere assoggettato a imposizione il canone pattuito, con l’unico vantaggio di fruire di un abbattimento portato al 25%, invece che quello oggi vigente, pari al 15% del canone stesso. C’è poi l’imposta sugli immobili posseduti all’estero (Ivie), introdotta a fine 2011 con effetto retroattivo dall’inizio dell’anno. Non è ancora chiaro come debba essere determinato l’imponibile per gli immobili ubicati in Paesi dello Spazio economico europeo (See): si fa riferimento all’imponibile delle imposte patrimoniali o sui trasferimenti vigenti nel Paese di ubicazione. Né si comprende se le modifiche apportate con il Dl sulle semplificazioni fiscali abbiano effetto dal 2012 o dal 2011. Per le unità site in Paesi non See, si assume invece il costo di acquisto o, in mancanza, il valore di mercato. A ogni buon conto, il prelievo è pari allo 0,76% dell’imponibile e il versamento va effettuato con la medesima tempistica dell’Irpef. Per il primo anno (2011), l’intero importo dovuto dovrebbe essere corrisposto entro il termine per il saldo Irpef 2011. L’ultima sorpresa è nel Ddl lavoro. Per tutti i fabbricati locati l’abbattimento di imponibile è ridotto dal 15% al 5% del canone, a partire dal 2013. Ciò aumenterà indubbiamente la convenienza della cedolare secca (si veda «Il Sole 24 Ore» di venerdì 6 aprile), nella quale le riduzioni non hanno alcun ruolo. Non vanno infine dimenticati due aggravi relativi a tutti i contribuenti Irpef e quindi, indirettamente, anche ai proprietari di immobili. Il primo è l’aumento dell’aliquota base dell’addizionale regionale all’Irpef, dallo 0,9% all’1,23%, operante già dal 2011. Il secondo è lo sblocco delle addizionali comunali all’Irpef 2012, che potranno arrivare allo 0,8 per cento.